Food for Minds/selectedbooks by qualified readers


E' una selezione di libri di qualità pensata per fornire suggerimenti ai tavoli degli architetti.
Le recensioni sono a cura di lettori che a uno sguardo serio e penetrante accoppiano una consapevole modalità di scrittura.

INDEX All reviews

 

Questo articolo fa parte della Sezione di Scritti a cura dei Dottorandi di Ricerca

"Teorie e scritture dell'architettura contemporanea" Vai  all'indice di tutti gli articoli  >>


Il seminario condotto da Antonino Saggio  ha inteso fornire uno spaccato critico su alcuni testi recenti di Teoria dell'architettura contemporanea e allo stesso aprire la riflessione sul rapporto tra teoria e pratica progettuale all'interno dell'attività dei partecipanti, A partire dal testo analizzato e commentato in ciascun articolo è presente un progetto architettonico che serve ad esemplificare, seppure parzialmente, alcuni nessi tra elaborazione teorica e ricerca progettuale di ciascun dottorando di ricerca.


Dottorato di Ricerca in

Composizione Architettonica (Teoria dell'architettura)

Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni – La Sapienza Roma

Direttore Lucio Barbera

 


Immagine (e teorie!?)

di Annarita Cornaro

Sullo sfondo dei contemporanei net-works virtuali (dalle reti digitali ai circuiti della sessualità ambigua) Aaron Betsky redige il manifesto di un improbabile movimento architettonico, nel quale, perse in un minestrone di slogan e teorie, le ascetiche architetture di Zumthor incontrano i ruvidi assemblage del primo Gehry.

Un’operazione d’immagine la cui veste grafica è curata fino all’eccesso dal designer multimediale Eric Adigard, in un’alternanza serrata di testo ed illustrazioni, che si rincorrono e compendiano a volte in modo esplicito a volte ermetico. 

Aaron Betsky, Erik Adigard

Architecture must burn. A manifesto for an architecture beyond building,

Thames & Hudson, London 2000

 

             

 

IL testo di Betsky ha tutte le caratteristiche di un veloce surfing nel Web. Una forma di comunicazione facile e ammiccante (parole chiave, links, ipertesti) immerge il lettore in una esperienza multisensoriale, simulando lo stordimento dei nuovi Media attraverso gli accecanti colori di inedite icone.

Un multi-tasking di informazioni riassume in tre parole chiave l’essenza dell’architettura contemporanea: Sprawl (lo scenario che la contiene), Translucency (l’aspetto che la caratterizza), The Body (il rapporto tattile e corporeo che essa permette).

Secondo un’interpretazione assolutamente poetica Betsky “predica” un’architettura che abbia un senso aldilà degli edifici,  che sia cioè in grado di riconquistare la sua funzione di spazio estatico, che riesca a riannodare un rapporto con il corpo, che racconti le potenzialità della tecnologia contemporanea.

Nello stesso tempo e senza falsi pudori l’architettura è assimilata a semplici prodotti di consumo, l’etichetta di “Retrofuturismo” un futurismo alla Tom Ford (che non fa distinzione tra capi di abbigliamento e frammenti di edifici), è applicata alla filmografia di tendenza (Gattaca), all’industria automobilistica d’avanguardia (Porsche Boxster), ad una firma dell’alta moda italiana (Gucci) e a coraggiosi pionieri dell’architettura (Eames, Kiesler, Noguchi).

Il Retrofuturismo contemporaneo ha forme (piani curvi, ovali, uncini, ellissi), materiali (metallo, nylon, vetro), colori (bagliori e traslucentezze), combinati in un collage che produce uno stile in cui i materiali artificiali sono assemblati tra loro, in modo da poterne capire le relazioni e le intime differenze. Esso non rincorre un futuro che è di là da venire (come fu per il Futurismo), ma riproduce un mondo stilizzato e perfetto, un futuro rassicurante e familiare come quello che in passato avevamo immaginato.

La trattazione si perde in un tripudio di parole chiave, che spesso si rafforzano l’un l’altra, ma di sovente si elidono.

Percorrendo il testo si ha la sensazione di addentrarsi in un forum di discussione sul web, una chat in cui ogni significato è declinato a piacimento, senza censure critiche né necessarie congruenze, in un cammino non lineare, ma rizomico, che non sempre confluisce in una sintesi univoca e calzante. E’ così che ripercorrendo i bookmarks seminati lungo la lettura, il percorso incontra termini (alcuni dei quali intraducibili) quali rivelazione, immaginazione, magnet of meanings, tematizzazione, set stages, loft, allusione, messaggio, advertising, blurring, realtà sensuale, tessiture, blobs, scanner, narrazioni, memoria, ornamento, woven architecture, queer space, corporeità, architettura della protesi, chaos, meraviglia, demarcazione, rappresentazione, mito.

Una volta aperti ed indagati gli infiniti links, appare difficile, se non impossibile confezionarne l’home-page, la trattazione, anzi, lungi dal ricomporsi in modo sintetico, invita a cercare altri collegamenti, sollecita ricerche sempre più avanzate, alimenta la formulazione di nuove parole chiave.

Come nei risultati di un motore di ricerca poco efficace in cui le pagine esatte si confondono con quelle solo vagamente correlate al tema, o si alternano a siti del tutto estranei ad esso, il testo appare un miscuglio di architetture e concetti che finiscono per includere tutto e niente allo stesso tempo.

L’unico tema comune appare il tono profetico e la veste grafica che lo compendia.

E’ così che pescando alla rinfusa fra le pagine di questo “manuale per un’architettura che deve incendiare” è facile ricondurre ad esso tutte le architetture contemporanee (seppur fortemente eterogenee) e rintracciare quindi anche i termini vicini alle architetture dello studio CORNARO.dEDIVITIIS (di cui chi scrive è titolare).

La sofware-house, realizzata nel 2003 appare esempio calzante di quella architettura alla Tom Ford di cui Betsky parla.

Il capannone prefabbricato che ospita la software-house progettata dallo studio CORNARO.dEDIVITIIS

  

Il progetto si estende su una superficie di circa 900mq all’interno di un edificio industriale di tipo prefabbricato, (un esempio paradigmatico del loft immerso nello sprawl).

I locali sono destinati prevalentemente a laboratori di  progettazione, le funzione lavorative sono compendiate da luoghi comunitari: sala d’attesa, piccola sala riunioni, sala collaudo, area ricreativa.

CORNARO.dEDIVITIIS – Annarita Cornaro e Valerio de Divitiis architetti associati: Software-house

L’intervento è principalmente costituito da un nocciolo centrale allungato, rappresentato da pareti opache colorate secondo tonalità che ricordano l’immagine di marketing aziendale (tematizzazione). Il lungo corridoio dalla dimensione urbana (h. 3.20) estrude verso l’interno l’area di entrata ed accoglienza proiettando sul fondo l’insegna di ingresso. La scelta è quella di introflettere nel cuore  dell’edificio lo spazio pubblico, traslando al suo interno anche i linguaggi di comunicazione propri degli spazi metropolitani  (advertising, super-grafica).

CORNARO.dEDIVITIIS – Software-house: area di ingresso

Tutti gli ambienti lavorativi fluttuano attorno all’elemento solido centrale, smaterializzandosi (blurring) in pareti traslucide di policarbonato, che non solo concorrono a far penetrare la luce naturale all’interno dell’ampio spazio altrimenti buio, ma illuminandosi alludono, al lavoro che aldilà di esse si svolge, lasciando comunque ambiti di immaginazione.

CORNARO.dEDIVITIIS – Software-house: desk di accoglienza

Il tema della comunicazione multimediale, delle invisibili matrici numeriche dei computers  si riflette nella sofisticata traslucentezza delle superfici; allo stesso tempo la connotazione originaria dell’edificio è rivelata dai pilastri preesistenti e dal pavimento in cemento, nonché nell’uso di materiali propri della produzione industriale: rete stirata, lamiera zincata, profilati per cartongesso a vista, re-immaginati secondo un nuovo codice poetico basato non tanto sull’estetizzazione del giunto quanto sulla poetica dell’assemblaggio.

CORNARO.dEDIVITIIS – Software-house: aree di lavoro

C’è da chiedersi per conto di chi e a testa di quale movimento Betsky formuli il suo, personale quanto confuso, manifesto dell’architettura; probabilmente l’operazione gira tutt’intorno al suo autore, che promuove, citandole spesso a sproposito, tutte le sue opere precedenti (Icon: magnet of meaning - 1997, Building Sex: Men, Women, Architecture, and the Costruction of sexuality – 1997, Queer space: the space of same sex desire - 1998) e spiana il terreno a nuove iniziative editoriali (Landscrapers: Building with the land – 2002).

Un “pacchetto” ben confezionato, del tutto conforme alle regole di mercato, un prodotto editoriale che parla di architettura come prodotto. (E’ forse tutta qui la congruenza!?).

 

 

      anna.cornaro@tin.it

 



   AntoninoSaggioHome